[Traccia] Se la storia è una menzogna – Sessione 1

se la storia è una menzogna

All’ufficio postale di Littlelittlehome (Littlehome da qui a seguire), Mark entra trafelato. È mezzogiorno e il povero portalettere, oberato di lavoro, ha avuto una piccola svista: ha dimenticato di consegnare una busta. Così chiede al collega, Davon LLoyd se può consegnarla per lui, visto che si trova sulla via di casa sua.
Davon non è molto felice, diciamo che è un tipo un po’ solitario (se si fa eccezione per il suo cane!) ma alla fine Mark è un bravo ragazzo e Davon accetta di fargli un favore.
Così, nel tornare a casa, fa fermare il taxi della giovane e loquace Kazumi Shinohara davanti alla palazzina dove abita il destinatario. Volendo essere certo di consegnare la lettera suona al campanello. Jason Clark, poliziotto, risponde al citofono avvisando che sta scendendo. Quando sono finalmente faccia a faccia, l’impiegato postale consegna la lettera, che viene aperta immantinente dal poliziotto che interessato inizia a leggerla con sempre maggiore curiosità, cosa che induce tanto Davon, quanto Kazumi, a cercare di sbirciare con malcelata indifferenza il suo contenuto.

Ciao Jason,

sono parecchi anni che non ci vediamo e ammetto di essere in imbarazzo ad inviarti, così dal nulla, questa mia, tuttavia la situazione lo richiede.

Ho bisogno di mettere per iscritto ciò che ho visto e sentito in questo periodo, perché mi sembra tutto assurdo e irreale e una mail o una chiamata non lo renderebbero meno “strano” di quanto già sia.

Vado subito al punto e perdonami se salto i convenevoli, ma quando leggerai capirai il perché di tanta fretta.

Due mesi fa, mentre ero di turno alla Guardia medica, è arrivato un giovane in ambulanza. Avevo appena attaccato il turno delle 6.00 am e mi sono ritrovato a visitare il paziente.

Nessuna fretta da parte dei paramedici, il ragazzo era incosciente ma stabile.

Notai subito un particolare scolorimento di pelle, capelli e occhi, come se avessero perso lucentezza. Mi limiterò a dirti, riguardo le sue condizioni generali, che era sano. Niente febbre, normopeso, cuore in salute, nessun problema riscontrato dalla tac al cervello, insomma escludendo una leggera contusione sulla nuca dovuta probabilmente a una caduta da svenimento, il ragazzo era sano, eppure non rispondeva agli stimoli e sembrava… scolorito.

Si chiamava Domenico Torres, ispanico, 26 anni, trovato nel vicolo dietro al fast food dove lavorava. Era uscito a gettare la spazzatura. Erano le 3.30 am. I colleghi non se ne sono interessati troppo, a dire il vero, a quanto pare Domenico aveva un caratteraccio e se si toglieva dai piedi faceva un favore a tutti. Quindi nessuno sa dire per quanto sia rimasto svenuto nel vicolo.

Ti starai chiedendo perché te ne parlo al passato.

Beh, Domenico Torres è morto senza mai riprendere davvero conoscenza dopo tre settimane di ricovero.

Non ero di turno, quando è successo, me lo hanno detto la sera stessa al mio arrivo. Nessuno sembrava aver capito cosa potesse essere successo. Erano circa le 3, 3.30 am quando i suoi parametri vitali hanno cominciato inesorabilmente a scendere, fino a quando, verso le 4.00 am ha iniziato a suonare l’allarme per l’arresto cardiaco.

Encefalogramma piatto, nessuna risposta agli stimoli o alla rianimazione forzata.

Nonostante il livido sulla nuca fosse quasi guarito, sembrava un guscio vuoto e grigio già da qualche giorno, sembrava quasi inconsistente. Mi ci ero affezionato, povero ragazzo, nessuno è venuto a trovarlo, così appena attaccato il turno serale sono sceso nella camera mortuaria per andare a vederlo.

Non crederai a quello che sto per scrivere, non ci credo quasi nemmeno io, ma dobbiamo essere di mente aperta e spirito pronto.

Quando sono sceso nella sala dei congelatori ero solo, accendo sempre tutte le luci quando ci vado, perché quel luogo mi mette sempre un po’ a disagio. Non ho un buon rapporto con la morte, lo ammetto. Ho cercato il suo nome tra le etichette e ho sganciato lo sportello. Il corpo ormai freddo era deposto sulla barella di acciaio coperto da un telo e vestito ancora con il camice dell’ospedale. Incredibile, nessuno lo ha cercato o reclamato.

Ho scostato il lenzuolo dal suo viso e non so, credo che la vista mi abbia giocato un brutto scherzo: mi è sembrato si muovesse. Ho dato subito la colpa alla strana immobilità della morte e alle ombre, ma qualcosa stonava in quell’ipotesi, perché a ben guardarlo il suo viso era totalmente privo di ombre.

Notai appena, con la coda dell’occhio, che anche il suo corpo non proiettava ombre sulla barella, come avrebbe dovuto fare in virtù delle luci sul soffitto.

Feci appena in tempo a registrare l’anomalia che i neon frizzarono sul soffitto per un momento e quando mi rivolsi sul corpo del morto per spingerlo di nuovo nella cella frigo rimasi paralizzato dallo shock.

Tuttora il mio cervello si rifiuta di ammetterlo. Il corpo si stava… dissolvendo sotto ai miei occhi, come fumo, sembrava inconsistente e alla fine rimasero solo il camice, il lenzuolo e il braccialetto dell’ospedale.

Passai le ore successive in stato confusionale, domandandomi se mi fossi immaginato tutto; i miei colleghi non mi credettero quando raccontai l’accaduto, pensarono che avessi immaginato di vederlo sparire per compensare lo shock di vedere un cadavere alzarsi e andarsene, sostenendo che probabilmente quella di Domenico fosse stata solo una morte apparente.

Jason, amico, tu mi conosci dai tempi del college, sai che non mentirei su queste cose e ti giuro: Domenico si è dissolto, sparito nel nulla. È tutto vero e ne sono così certo perché è accaduto di nuovo.

La settimana successiva una ragazza è stata ricoverata con gli stessi sintomi.

Si chiamava Jasmine Khari, Indiana, 24 anni, trovata riversa nel bagno dell’appartamento che condivideva con una coinquilina. Dopo tre settimane in cui il suo colore sembrava svanire lentamente e le sue ombre con esso, è deceduta ed il suo corpo è scomparso. La coinquilina l’ha cercata, ma senza nessun risultato.

La settimana scorsa è arrivata un’altra paziente, Romina Esposito, Italo-Americana, 21 anni. Il fidanzato l’ha trovata in quello stato catatonico nel suo letto, nella camera del campus, era passata la mezzanotte e si era intrufolato dalla finestra per farle una visita a sorpresa.

Romina è ricoverata qui, al Sanford Medical Center, sotto osservazione. Ho chiesto di poterla seguire io, così da poterla esaminare con più attenzione e tutto conferma quello che è già accaduto agli altri due ragazzi.

Ho notato il lento svanire dei suoi colori e la sua ombra sembra… assottigliarsi e sempre sempre meno definita. I parametri vitali sono stabili per ora, ma come ti ho detto questo è solo l’inizio. Morirà e sparirà nel giro di altre due settimane.

Ho bisogno del tuo aiuto, sta succedendo qualcosa che esula dalle mie capacità mediche. Qualcuno o meglio… che Dio mi perdoni se lo dico, qualcosa sta uccidendo questi ragazzi ed io non posso fare nulla.

Ti lascio i miei recapiti e i pochi dati che ho raccolto dai paramedici e dai conoscenti di queste persone.

Perdonami per questa lunga lettera, ma scrivere tutto questo lo rende in qualche modo più reale e mi fa sentire un po’ meno pazzo. Resto in attesa di qualche tua notizia.

Joaquin Perez

Qui inizia l’avventura.
Mentre Jason va alla centrale per iniziare il suo turno (è un poliziotto), Davon combatte la sua naturale pigrizia e chiede alla tassista, Kazumi, di accompagnarlo in ospedale.
Anche la tassista è curiosa, sono riusciti a leggere solo qualche riga della lettera, prima che Jason la nascondesse, ma quel tanto è bastato per scatenare la loro curiosità.
Così, quando Jason arriva col collega, Tom, all’ospedale, non si stupisce più d tanto di trovarsi tra i piedi Davon e Kazumi, che hanno cercato di intrufolarsi nella stanza della ragazza per farle visita.
Jason parla con Joacquin in un ambulatorio, in quello accanto Davon sta fingendo un malessere e origlia la conversazione, mentre Kazumi cerca di intrufolarsi nel reparto per andare nella stanza della ragazza, dove la trovano Jason e il dottore.
Davon e Kazumi fanno in tempo a registrare la stranezza degli eventi e l’informazione che il primo ragazzo che è sparito avesse litigato con un certo Peter Darling, assiduo frequentatore del Jolly’s, un Pub di Littlehome, ma poi vengono cacciati in malo modo dal poliziotto.
Così Kazumi riaccompagna a casa Davon, lasciandogli il recapito in caso avesse bisogno di curiosare di nuovo nella faccenda.
Davon, in preda ai pensieri, decide di portare il suo cane a fare un giro al parco, soffermandosi, come fa sempre, ad osservare la nuova statua che è stata posta al centro del laghetto del parco. Qualcosa lo incuriosisce e chiede informazioni ad un anziano che nutre le papere.
L’uomo gli dice che la vecchia statua, sebbene molto più antica e bella di quella che c’è ora, è stata rimossa recentemente dal figlio di un costruttore locale, tale Mr Darling e riportata nei territori della riserva indiana Lakota.
Il nome Darling torna a farsi sentire e a Davon suona un campanello, così si organizza col collega Mark per andare a bere qualcosa nel week-end prorpio al Jolly’s Pub…

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Pubblicato da Shekinah

Sono la burattinaia, sono il filo che da oggi reggerà il tuo burattino Sono colei che muoverà le dita ad indicare la tua sorte. Obbligherò le tue membra ad alzarsi contro il volere della Natura stessa, senza che tu possa fermarmi. Eseguirai la mia danza. E ti piacerà.

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