[STORIE] La bambola del Serpente – Capitolo 3

Scritto da Shekinah

Rimettermi in sesto fu abbastanza lungo, ma non doloroso, per fortuna. La spina dorsale era spezzata in due punti, ma questi ricconi perbenisti conoscono i migliori medici in circolazione. Aggiungendo la naturale rigenerazione di cui siamo capaci, alla fine ripresi l’uso delle braccia e poi delle gambe nel giro di un paio di mesi.
Sperai di poter incontrare Jack, in quel periodo di convalescenza, ma fecero in modo di tenermelo il più lontano possibile. Mi svegliavo, certe sere, con la sensazione opprimente di averlo quasi perso. Ma poi, ogni volta, tutto tornava normale.
In quei due mesi m’insegnarono un po’ della cultura occidentale, spiegandomi la tecnologia e i suoi progressi. Appresi due lingue straniere, l’inglese e l’italiano e il vampiro, il fratello, come mi avevano suggerito di chiamare i nostri simili, che mi seguiva nello studio disse che ero portata.

Imparai a usare le armi da fuoco, ero ancora una principiante, ma mi dissero di non avere fretta, avevo tempo per migliorare.
Quanto si sbagliavano. Per me non c’era tempo. Ogni missione era un passo avanti per cercare di raggiungere obbiettivi più importanti, fino a quando avrei avuto l’occasione di chiedere di più, come compenso, finché il Principe non sarebbe stato costretto ad assegnarmi qualche compito per cui avrei potuto chiedere come riscatto la libertà di Jack.
Per questo imparai l’etichetta di corte e seguii la politica del Principe, anche se non vi partecipai mai attivamente.
Fu un periodo dolorosamente tranquillo.
Fu durante una di quelle missioni di basso livello che incontrai per la prima volta Selene.

Mi avevano chiesto di controllare il livello di sicurezza di un locale. Da qualche tempo alcuni dei frequentatori si lamentavano per le risse fino a quando uno dei baristi non sparì in circostanze piuttosto anomale.
Che ci fosse di mezzo qualcosa di strano era indubbio, il problema era capire cosa.
Quando arrivai al locale, la sera stessa in cui mi diedero l’incarico, sentii subito nell’aria quale fosse il problema. C’era odore di cane, cane bagnato, per la precisione, visto la pioggia incessante che aveva reso il terriccio del parcheggio un’unica, gigantesca pozzanghera di fanghiglia.
Imprecai mentre attraversavo il parcheggio di corsa e quando arrivai all’ingresso mi bastò mostrare il pass del Principe al buttafuori per saltare la fila. Sentii parecchie voci imprecare e protestare, ma me ne fregai.
Dentro c’era un caos di gente, gli odori si mescolavano nell’aria, ma il mio olfatto è sempre stato abbastanza buono, figuriamoci se mi sarei lasciata scappare la scia di cane bagnato che stavo seguendo. Individuai il tizio in mezzo alla pista, intento a tampinare una ragazza dall’aria piuttosto… come dire, libertina.
Finchè però l’amico peloso non creava problemi non potevo intervenire, colpa della Mascherata.

Cos’è? Lo dice la parola stessa: una gran buffonata.
Secondo le leggi della società dei vampiri, ognuno di noi deve celare la propria identità, nascondere la propria natura agli occhi degli umani, così da non scatenare il panico tra le nostre greggi e non fomentarne le cacce. In sostanza dobbiamo mascherarci da esseri umani ed evitare accuratamente di lasciare segni del nostro passaggio.
Mi sedetti su uno sgabello al bancone del bar, accavallando la gamba destra sopra la sinistra ed allacciando mollemente le mani al ginocchio che presi a dondolare con una certa noncuranza, cercando di mantenere un atteggiamento umano. Mi dovetti anche sforzare di fingere di respirare e di sbattere le palpebre, cosa che non mi riusciva molto facilmente ancora, ero morta da troppo poco tempo per esser capace di passare completamente per umana. E poi diciamocelo, occhi di serpente come i miei non passano certo inosservati. Ma per fortuna, per quanto strambi se portati in un locale come questo, mi avrebbero aiutata decisamente.

Il barman mi guardò con aria un po’ perplessa, notando il mio abbigliamento decisamente sobrio per quel locale, oltre al fatto che, imperterrita, continuavo a portare gli occhiali da sole, ma ebbe la buona, anzi ottima idea di non dire nulla, solo chiedermi cosa volevo bere. Sollevai la mano in un cenno di congedo, chiarendo che non volevo nulla e dopo diverse esitazioni, decisi che sarebbe stato complesso seguire il tizio con quella luce altalenante, così dovetti arrendermi e sfilare gli occhiali da sole, cercando di evitare di fissare troppo a lungo i fasci di abbagliante luce colorata. Il tizio tampinava la ragazza verso il bagno, finché le piazzò le mani poco cortesemente sul fondo-schiena. Un urlo della ragazza si alzò nell’aria, ma non mi mossi ancora, tutto sommato era una questione che potevano ancora risolvere due o tre buttafuori ben piazzati.
Eppure vidi arrivare, veloce come il vento, una ragazza.

Capelli neri e lo scintillare di occhi color ghiaccio fu tutto quello che riuscii a vedere prima che il mannaro scagliasse la ragazza attraverso la sala, verso i divanetti, scrollandosela di dosso come fosse una pulce.
Arricciai le labbra in una smorfia, per non mostrare i canini appuntiti e mi ritrovai a considerare con calma la situazione nonostante attorno a me si stesse scatenando il panico. Salii con un balzo sul bancone, per vedere oltre il mare di teste e vidi il mannaro avvicinarsi alla vampira, perché non poteva essere altro, e sollevarla come fosse un fuscello. La sentii inveire in mezzo alla confusione.
«Ma quanto cazzo sei brutto? E mangiati una mentina che c’hai un alito che impesti l’aria e mi accoppi tutti gli umani e poi resto senza cena!» la sentii ringhiare con strafottenza e li per li mi venne da ridere e scrollare il capo.

«Questa è morta.» commentai tra me e me, osservando il mannaro lanciare la ragazza verso la cabina del DJ, sfasciandola. Ed allora la musica si fermò del tutto, la gente si spintonava e gridava, formando un ingorgo davanti alle uscite d’emergenza.
Le casse mandarono un ultimo, agghiacciante feed che spaccò l’aria e fece urlare e gemere molti umani, il mannaro si contorse con le mani sulle orecchie, sensibile più di un umano, probabilmente, a quel rumore. Guardai verso la cabina del DJ e vidi la ragazza in piedi. Uno scatto del mannaro che la raggiunse, ma lei lo schivò rotolando via con l’agilità di un gatto, ridendo con strafottenza della rudezza dei movimenti del cagnolone.
Scesi dal bancone e spintonando qualche umano rimasto indietro mi avvicinai giusto in tempo per vedere il mannaro a ridosso della ragazza che lottava strenuamente ma sembrava avere qualche problema a combattere da sola. Mentre lei lo teneva impegnato sfilai la pistola dalla fondina ascellare e m’impostai per sparargli, impugnando con entrambe le mani l’arma. Considerai la traiettoria, feci un passo di lato e sparai a bruciapelo al cagnolino.

Della sua testa rimase poco, lo sparo mi assordò per qualche momento, ma il mannaro cadde riverso addosso alla ragazza ancora bloccata sotto di lui. La guardai scaraventare via il corpo ormai esanime e rialzarsi, la sentii borbottare qualcosa ma non capii, infine mise le mani sui fianchi rinunciando a pulirsi i vestiti e sbottò «E tu chi cazzo sei?» aveva una bella voce, ma forse avrebbe dovuto lavarsi la bocca con il sapone.
Accennai una leggera alzata di spalle «Potresti almeno dirmi grazie, a quest’ora avresti già salutato la tua non vita.»
La osservai pulirsi la faccia con un lembo della camicia del tizio e poi mi chiese di nuovo «Hai fame?»
Rimasi perplessa a quella domanda «No.» risposi lapidaria.
«Hai sete?» domandò ancora, sembrava uno di quelle filastrocche per bambini: “hai sete, vai dal prete, hai fame, vai dal cane.” L’ironia era sottile, ma l’apprezzai. Sorrisi «No.» risposi.

Lei sorrise di rimando «Allora grazie.»
Avevo trovato un’alleata nella mia guerra forse?
Dovevo metterla alla prova, osservarla e capire se poteva essermi d’aiuto per ottenere un compito abbastanza importante per poter pretendere la libertà di Jack.

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Pubblicato da Shekinah

Sono la burattinaia, sono il filo che da oggi reggerà il tuo burattino Sono colei che muoverà le dita ad indicare la tua sorte. Obbligherò le tue membra ad alzarsi contro il volere della Natura stessa, senza che tu possa fermarmi. Eseguirai la mia danza. E ti piacerà.

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