[Cronaca] Walzer 1

Walzer 1

Il mio nome è Zadok Martin. Sono a Roma da abbastanza tempo per sapere che se il Sig. Ignazio Caio de Santis, ovvero il Vescovo, chiama… è d’obbligo correre.
Anche se stai entrando in una stazione di servizio per farti un paio di turisti per cena. Merda! Loro ti telefonano e tu scatti come una molla. Semplice.
Mi infilo sul primo taxi che trovo per strada e mi faccio portare dal Vescovo. Finita lì, cena saltata, inutile discutere. Almeno non mi sbatto a trovare parcheggio quando posso farmi tranquillamente scarrozzare.
Suono e mi faccio aprire dall’umano di guardia. Mi scoccia lasciare sempre la mia arma a quel coglione, però le regole sono le regole e se esistono è perché vanno rispettate. In questo buco del cazzo non hanno ancora capito che spesso una scala è migliore di molta tecnologia pazienza. Da dove arrivo io, impari fin da piccolo che per far funzionare le cose a dovere, bisogna rispettare le regole. Beh, per lo meno nel ’46 era così. Poi… le cose sono cambiate un pochino, però con me ha funzionato alla perfezione. Quindi, salgo con quel cacchio di ascensore. L’unico modo per arrivare agli uffici del Vescovo. E’ stravagante i modo in cui quel posto si anima dal tramonto in poi. Tutti tornano a casa dal lavoro e noi invece iniziamo a muoverci. Dopo tanti anni ancora me ne stupisco; molti sembrano perdere la propria identità umana qualche decennio dopo l’Abbraccio ma a me ancora stupisce questo mondo. A volte.
Comprendo il motivo della chiamata soltanto quando mi trovo di fronte al Vescovo. M’inchino. Lo faccio sempre, è importante rispettare ruoli e gerarchie di questo mondo; ti assicuri qualche punto ed eviti grane inutili. Senza contare che se de Santis è il Vescovo qualche motivo ci sarà.
La sala è sempre la stessa; un miscuglio di antico e moderno che stride, ma se sta bene a lui, non vedo perché dovrei fargli notare proprio io che forse, uno stile un po’ più austero gli darebbe modo di sembrare più… Incontestabile. D’altra parte, anche le facce che sono già sedute al suo desco stridono notevolmente con i miei gusti in fatto di “colleghi”.
Ian Creed non mi infastidisce più di tanto; la sua fama lo precede e non mi stupisco che l’abbiano convocato. Gli altri due mi vengono presentati come Hasad e Gramack. A dire la verità; non mi piacciono per niente, e visto che si presentano con una sola parola, io faccio lo stesso. Ziklon. In fin dei conti, ad uno che mi viene elogiato come assassino (con tutta probabilità un mercenario…), dalla pelle scura e che risponde al nome di Hasad; e ad uno dalla faccia composta, nominato “medico” e che risponde al nome di Gramack (probabilmente un altro disadattato dei paesi dell’Est); può bastare sapere che sono conosciuto come Ziklon.
Attendo il benestare del Vescovo prima di sedermi e mi domando se anche loro abbiano fatto lo stesso. Di sicuro quell’Hasad non si sarà nemmeno dato la pena di chinare il capo, i mercenari non sono che puttane-mangia-soldi e non si prendono certo il disturbo di abbassare la loro preziosa testolina se non per denaro. Per lo meno il “Doc.” si da un contegno.
Mi rendo conto di fissarli un po’ troppo quando de Santis si schiarisce la voce senza averne realmente bisogno e si mette a spiegare il motivo della sua chiamata. Riesco a focalizzare tutta l’attenzione su di lui ed a smetterla di osservare Creed. Mi sembra che la sua maglia abbia qualcosa di strano e mi domando perché abbia il cappotto in primavera, ma ciò che sta dicendo il Vescovo è di gran lunga più preoccupante della giacca del gigante.
Tre Morti Ultime.
Tre Vampiri.
Tre dei Nostri.
Non solo. Uno di loro risponde al nome di Michele de Santis. Il figlio del Vescovo.
Mal comune mezzo gaudio, non sono l’unico a sentirmi a disagio. Ignazio Caio de Santis spiega le modalità di ritrovamento dei resti dei vampiri e spiega che l’unico legame ad essere stato trovato è una carta dei Tarocchi. Una su ogni scena; ciascuna diversa dalle altre ed appartenente ad un mazzo particolare. Il Vescovo rimane ad osservare le nostre reazioni nella sua regale imperscrutabilità e noi… tentiamo soltanto un pretesto per levarci dai piedi, o almeno così mi pare. Non facciamo altre domande e cerchiamo soltanto di prendere congedo, per poterci recare sulle scene dei crimini.
Come volevasi dimostrare, non appena usciti dalla sala del Vescovo, il mercenario inizia a tempestare il Segretario con mille richieste. Equipaggiamento, armi, auto. E poi mi chiedono perché ce l’ho tanto con gli assassini. Sono una continua pretesa.
Dopo aver esaudito tutte le richieste di Hasad ed avergli persino sganciato le chiavi della berlina, Carlo Pallavicini, Segretario Personale del Vescovo, si libera di noi.
Ovviamente lascio che sia Hasad a guidare, sempre per il discorso che preferisco lasciarmi scarrozzare, e anche perché preferisco che sia l’assassino ad essere impegnato; non si sa mai.
Ci dirigiamo verso la prima scena, la casa di Vera Gandolfi.
Lungo la strada apro il fascicolo striminzito che ci ha lasciato Carlo. Leggo l’indirizzo, il Clan di appartenenza ed il nome del Branco di cui faceva parte la vampira.
Parlando con Carlo abbiamo scoperto che su di lei, come anche sugli altri vampiri uccisi, gravavano accuse delle quali non si hanno mai avuto prove per poterle rendere, di fatto, punibili. La carta dei Tarocchi trovata sulla scena, è uno degli Arcani Maggiori, la carta numero ventidue. Il Matto.
Osservo le luci della strada schizzare via e nascondersi dietro la berlina mentre percorriamo le vie di Roma e mi rendo conto del fatto che siamo soltanto all’inizio. Fisso il volto dell’assassino alla guida; silenzioso e concentrato. Non mi interessano i suoi pensieri, mi domando solamente per quanto dovrò dividere il mio tempo con l’ultima delle razze che potrei sopportare. Assassino e Libanese.
Sbuffo. Una combinazione peggiore non poteva capitare nemmeno se me la fossi andata a cercare col binocolo; l’unica certezza che ho in tutta la berlina nera di Carlo è il mio MP40 nascosto sotto alla giacca.
Se il destino si è accanito contro di me, non mi rimane che aggrapparmi alla cupa certezza che almeno l’esercito tedesco non mi avrebbe mai abbandonato in balìa di un assassino libanese convocato per indagare su degli assassinii.

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Pubblicato da Shekinah

Sono la burattinaia, sono il filo che da oggi reggerà il tuo burattino Sono colei che muoverà le dita ad indicare la tua sorte. Obbligherò le tue membra ad alzarsi contro il volere della Natura stessa, senza che tu possa fermarmi. Eseguirai la mia danza. E ti piacerà.

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