[Cronaca] Veritas Chapter 1.3

Chapter 1.3

Quando Igor scende le scale del seminterrato, sono ancora li a fissare la porta chiusa di Ilena.
Igor è il Ductus del Branco Paranoia, il Branco del Vescovo che ci ospita. E’ un tipo strano, non ho ancora se siamo noi a dare un rifugio a lui o se è lui ad ospitare noi. Se fosse vera la seconda ipotesi allora ha veramente una gran pazienza.
Avanza col passo molto più stanco del solito. Non me ne stupisco, visto che sul torso fanno bella mostra una… quindicina di buchi da pallettoni. E’ morso, graffiato e ustionato. Mica male. Prima che mi sfili davanti domando «Quanti erano?».
Mi sembra ovvio che lo scontro non sia stato uno a uno. Nessuno, da solo, riuscirebbe a mettere in ginocchio Igor. Lui rallenta il passo ma non si ferma, diretto al suo piccolo posto letto.
«Dodici.» risponde cupo.
Quando mi passa di fianco noto che l’ustione è più estesa di quel che sembra. Acqua santa? Probabile.
«Tutti morti?» domando ancora.
Lui si ferma e mi fissa incazzato «Tranne due.»
Annuisco. beh, veramente un bel lavoro.
«Sai chi erano?» lui riprende a camminare tirandosi dietro i piedi.
«Rosa Bianca. Ce n’è ovunque.»
Che rottura. Cacciatori di vampiri. Acqua santa, croci, fucili a pompa e quel che è peggio: hanno la fede dalla loro. sto ancora guardando la schiena di Igor lungo il corridoio che la porta tagliafuoco del seminterrato si apre e arriva la vocina di Nikky.
«Portate su le chiappe, ha chiamato Bertrand, la puttana si muove!»
Igor si ferma e impreca. Quindi si gira e torna sui suoi passi.
Do una manata sulla porta di Ilena.
«Ilena, vieni su.» e non aspetto.
Salgo le scale e torno nel soggiorno. Mi guardo attorno. Tutti presenti. Le ragazze sono sedute sul divano, Hasad non si è spostato ed è in mezzo alle due con la faccia rivolta verso la TV davanti alla quale Greg è in piedi e aspetta. Non appena ci vede inizia a parlare.
«Ha chiamato Bertrand. La strega si è spostata. Le tracce portano verso Nord. Gubbio, Firenze, Lucca, riviera Ligure. Si sposta in fretta. Abbiamo un appoggio in zona Genova. Dobbiamo muoverci.»
Non faccio domande. Bertrand è un amico del Vescovo, non so cosa nasconda ma Greg e Nikky conoscono il suo segreto. Io non ho voluto sapere. Sono fedele al Sabbat ed al Vescovo. Gli intrighi non mi piacciono, soprattutto se prevedono il non mettere a conoscenza il Vescovo stesso di ciò che accade. So soltanto che l’obbiettivo sono tre streghe che hanno a che fare con qualche culto dannoso per il Sabbat e vanno fatte fuori. finché mi sta bene ed ha un senso, non vedo perché chiedere altro.
La prima strega ormai è acqua passata, anche se come ricordo della sua morte mi ha lasciato un cuore che batte. Fanculo. Stè stronze fanno danni anche da defunte.
La seconda strega la chiamano Signora dei Corvi. Non me ne frega un accidente di come la chiamano, visto che sarà presto defunta anche lei. Amen.
Per il resto si dovrebbe sistemare un po’ tutto. Dalle ultime notizie della Sibilla, il cambiamento non è definitivo. Almeno così dice il Doc. Bisogna solo vedere se ammazzare le due consorelle sia utile per spezzare l’effetto “mezzo vivo”.furgoneNikky si stiracchia «Facciamo un salto dal Vescovo, ci serve della roba.» e poi scatta in piedi.
Hasad richiude il portatile e lo appoggia al tavolino del soggiorno «Devo uscire.» senza aggiungere altro se ne va. Fanculo mercenario.
Raccogliamo le poche cose che ci servono e ci mettiamo in marcia. Igor sembra nervoso mentre parcheggiamo nel garage del Vescovo «Dobbiamo muoverci prima che la Rosa Bianca chiuda il cerchio attorno a Gubbio». Qualcuno gli domanda se verrà con noi, io spero proprio che si renda un po’ più utile… e che la pianti di fare il cascamorto con le donne del nostro Branco.
«No, organizzo un diversivo per farvi uscire dalla città.»
E bravo Igor, fuori dalle palle e lontano da Ilena. Però apprezzo lo spirito di sacrificio per il Sabbat.
Hasad non è ancora tornato dalla sua misteriosa uscita. Cazzi suoi.
Iniziamo a preparare quello che sembra tanto un “piano di fuga” piuttosto che una partenza civile. E non abbiamo tempo.
Greg scompare oltre la porta dei garage; Nikky inizia ad elencare ciò che le serve ad un tizio che annuisce ed annota tutto quello che chiede. Leonore conta le sacche di sangue e sento che chiede di un frigo.
Apro le porte del furgone ed osservo il solito sfigato legato dal Doc. Mi chiedo per quanto ancora rimarrà vivo… non morto… mezzo morto… insomma, per quanto continuerà ad esistere.
Un paio di ragazzi della squadra del Vescovo si avvicinano. indico loro la rete metallica che divide il cassone dal posto di guida «Dobbiamo chiuderlo.» temo fortemente che il viaggio possa concludersi all’alba. Non possiamo rischiare di friggerci tutti. Mi giro verso Ilena «Cerca tute, caschi, passamontagna, guanti. Tutto quello che possa permetterci di muoverci col sole.» lei annuisce e si allontana decisa mentre do una mano al tizio che salda una placca metallica sulla rete divisoria per tenere al buio il retro. Nel frattempo due ragazzi abbastanza robusti caricano il frigo di Leonore con le scorte di sangue e altri due buttano su casse di munizioni.
Quando mi accorgo di essere di troppo scendo.
Leghiamo l’equipaggiamento in modo che non si sposti in caso di manovre azzardate, fissando ganci e cinghie alle pareti del mezzo. Due di quei ganci saranno miei e di Ilena. Fissati sul divisorio appena saldato. In questo modo, rimanendo legati nel furgone potremmo aprire le porte e sparare senza il rischio di essere sbalzati fuori.
Faccio un giro veloce attorno al furgone richiamando l’attenzione del saldatore «Mi servono delle pellicole oscuranti per i vetri.»
Lui mi fissa. Ci mette un attimo a realizzare la richiesta, poi scuote la testa «Non ne abbiamo.»
Merda.
Il problema è che il tempo vola. Scosto lo sguardo sul portone appena lo sento aprirsi. Alla buon’ora arriva Hasad. Mi dirigo verso di lui.
«Dobbiamo fare un salto in centro. Ci servono le pellicole per oscurare i vetri.»
Lui annuisce calmo.
«Guido io.» ci avviamo verso la berlina mentre una voce giunge alle nostre spalle.
«No, guido io.» Greg avanza sicuro ed afferra al volo le chiavi che Hasad gli lancia. Non vedo cosa stiano trasportando i due dietro di lui ma è una cassa. Spero solo non ci sia dentro un cadavere a pezzi. Greg sorride e mi batte una mano sulla spalla per farmi fretta «E’ una cosa che ti piacerà.»
Se lo dice lui…
Un’ora dopo siamo di ritorno. Greg scende dall’auto con fare sbrigativo «Ce ne sono ovunque, dobbiamo partire!» esorta con tono urgente.
I presenti si affrettano a terminare i lavori e il ragazzo che ha sistemato il retro del furgone prende al volo i pacchi di pellicola che gli lancio iniziando ad aprirli ancora prima di arrivare al mezzo. La rapidità e la precisione della squadra del Vescovo mi stupisce. Dopo un quarto d’ora la berlina di Carlo e il furgone hanno i vetri oscurati. Spero che ci permettano di guidare almeno per un’ora dopo l’alba.
Ilena ed io indossiamo le tute protettive e ci infiliamo nel retro con Leonore al fianco e sulla berlina rimarranno Hasad e Nikky per aprirci la strada.
Sposto lo sfigato ancora mezzo rincoglionito dai trattamenti del Doc con uno stivale e aggancio la cinghia alla vita. Le armi sono a bordo e prima di chiudere il portellone un tizio mi lancia due giubbotti antiproiettile. Siamo pronti a partire.
Una volta chiusi dentro siamo completamente al buio; così sollevo la mano per accendere la luce del furgone. Non che abbia paura di restare al buio con Ilena, ma il tizio legato sul pianale non mi piace per niente. Preferisco vederlo.
La luce giallastra inonda il piccolo spazio e Ilena mi osserva. Le passo uno dei due giubbotti antiproiettile «Mettilo.»
Non discute, lo afferra ed inizia ad infilarselo. Forse mi è parso di averglielo allungato al contrario, così la fermo «Ma no, non col davanti di die…» mi blocca la mano facendomi notare che lo sta indossando correttamente «Guarda che è giusto.»
Mi schiarisco la voce «Si, appunto. Scusa.»
Finisco d’infilare il mio giubbotto in silenzio, mentre mi accorgo che il furgone prende velocità. Greg guida con prudenza, però si sente che ha il piede pesante. Ilena finisce di trafficare con i suoi allacci e mi guarda di sottecchi per un po’. Poi, probabilmente, non riesce a trattenersi «Paparino, sei nervoso perché è la mia prima volta?»
Non le rispondo nemmeno. Non vale nemmeno la pena. Di contro mi viene in mente la cassa che ha fatto portare a bordo il Doc. La apro con cautela. Non si sa mai che salti fuori qualche sorpresa.
Steso sull’imballaggio provvisorio c’è un M82 Barrett.
Un fischio sottile mi sfugge dalle labbra e mi sento la testolina di Ilena che mi spunta appena sopra la spalla. Osserva nella cassa e poi mi guarda «Cos’è?»
Le rispondo con sicurezza, questa la so!
«Barrett. E’ un fucile semiautomatico di precisione. Con questo ci secchi quella cazzo di strega a un chilometro e mezzo… se la prendi.»
Lei osserva di nuovo l’arma appoggiandosi comodamente con i gomiti sulle mie spalle «E tu la prendi?»
Mi giro appena e ne osservo il profilo. Mi prende per il culo?
«Non è che ho girato gli ultimi anni con un Barrett in tasca… sai, si sarebbe notato…»
Lei continua a fissare il fucile con aria assorta «E in guerra lo usavi?»
Sorrido, è una bambina…
«No. Il signor Barrett ha iniziato a lavorarci nell’80 e i primi fucili sono stati prodotti nellì82. Per questo si chiama M82. Poi ci sono state le versioni successive. Questo è un M82 però.»
Richiudo la cassa. Il furgone sta rallentando. Ci ritiriamo di nuovo contro la parete di fondo e lei mi osserva ancora «Allora non sei così stupido…»
Rimango perplesso «Dipende da cosa mi chiedi…» mi sembra logico.
Da fuori sentiamo un vociare confuso. Non riesco a cogliere tutti i discorsi. Però sento le voci di Greg e Hasad e di Igor che ogni tanto interviene. Allungo il mio MP44 ad Ilena ed infilo sei colpi nel caricatore del Remington. Non si sa mai. Lei afferra l’arma e la infila tra le ginocchia con la canna verso l’alto. «Attenta che è carico.» senza fiatare lo inclina in avanti.
Sentiamo sbattere le portiere e riaccendersi il motore. Si riparte.
Il quarto d’ora successivo è un po’ un casino. Un paio di curve strette. Ululati. Faccio per riaprire la cassa ma un pugno di Greg contro il divisorio mi ferma. La voce del Doc è forte «State buoni. Sono dei nostri!»
Dei nostri? Sento qalcosa sbattere sul tetto del furgone. Mannari… Scuoto la testa cercando di non chiedermi di più. So che Fabio, un peloso, è amico di Bertrand e ci ha aiutati.. Probabilmente l’uscita di Hasad è servita a questo.
Qualche scossone, ancora un paio di curve strette e niente balzi sul tettuccio. Va molto meglio. Dopo qualche minuto il mezzo riprende la corsa veloce e pulita e la tensione va scemando. Mi siedo più comodo; posando il fucile accanto alla gamba e Ilena fa la stessa cosa. Adesso devo solo aspettare che Greg chieda il cambio all’alba, visto che col cuore che batte, non si sa perché, ma riesco a rimanere sveglio un po’ di più rispetto a lui ed a Leonore. Ilena non ha questi problemi. Dicono che il “sangue debole” possa farla rimanere sveglia e senza conseguenze anche il giorno. Però non abbiamo ancora provato. Per il momento è meglio che si senta una di “noi”. Si appoggia con la spalla contro la mia «Papà?» come non la sopporto quando mi chiama così… e come non sopporto il tono che usa… vuol dire domande. Di solito sono richieste tipo minigonne, trucco e perdite di tempo. «Mi chiamo Ziklon.» borbotto. Borbotto? Si… a volte lo faccio e allora?
Lei parla continuando a fissare il portellone «Ma hai anche un nome vero?»
Mi giro per guardarla e mi trovo davanti i suoi occhioni castani «Si, ce l’avevo.»
Lei continua a fissarmi in attesa di una risposta.
Sbuffo. «Zadok… Martin»
Lei parla piano, come se stesse dicendo qualcosa di brutto «Zyklon è il nome di un gas che usavano i nazisti.»
Sorrido ed annuisco, più o meno «Era il nome che davano all’acido cianidrico. Lo avevano sviluppato come pesticida. Erano come… dei grani che… a ventisei gradi circa rilasciavano l’acido cianidrico che contenevano. In un quarto d’ora sopraggiungeva la morte.»
Lei mi continua a fissare. Cosa le passa per la testa? si, probabilmente pensa che sia un mostro, un essere abominevole. Però non le devo nè spiegazioni nè scuse. Se so come funziona non significa che sia colpevole no? Basterebbe solo che lo chiedesse. Invece abbassa lo sguardo «Ho capito… allora è vero che uccidevate le persone così?»
Bella domanda. Finalmente. Sorrido «Non lo so. Io ero solo un soldato. Non ero assegnato ai campi di concentramento.»
Adesso sorride anche lei ed appoggia la testa alla mia spalla «Allora perché Ziklon?»
«Vuol dire anche ciclone…»
«Pensavo che fossi un nazista assassino senza scrupoli.»
Torno a fissare il portellone «Il tempo e l’esperienza ti cambiano. Tra quarant’anni anche tu sarai diversa. Ma resterai sempre bellissima.» Se sopravvivrai. Ma non glielo dico.
Quando sento il furgone rallentare, sgancio la cinghia che mi teneva ancorato al mezzo e afferro il Remington «E’ ora del cambio. L’alba è vicina.» ne sento il peso, ma ce la posso fare. Ilena si sgancia a sua volta, prende la mitraglietta e si alza senza una parola. Apro il portellone e scendo. Greg salta giù dal posto di guida. Il cielo sta schiarendo. Leonore si tiene abbracciata alla boccia si vetro piena d’acqua che ha portato con se. Dentro c’è una specie di verme con una boccaccia piena di denti. L’abbiamo trovato durante il salvataggio di Bertrand e Greg ha deciso di tenerlo. E’ talmente grottesco che la bella Leonore ne è rimasta affascinata. Bleah. Ma finché se lo tiene lei… La voce di Greg è stanca «Abbiamo un appoggio a Montecatini.» annuisco e lui continua «Non ce la facciamo ad arrivare in zona Genova prima del giorno. Segui Hasad che sa la strada.»
Velocemente s’infila nel retro, attende che Leonore lo raggiunga e si richiude dentro.
Prendo il suo posto alla guida e Ilena si mette di fianco poggiando la mitraglietta sul pianale, sotto al cruscotto. le passo il mio fucile e allaccio la cintura, poi ingrano la prima e lampeggio ad Hasad che riparte davanti a noi con la berlina.
Le pellicole sui vetri fanno un bel lavoro, però non possiamo aspettare il sole.
Hasad guida veloce verso la meta, l’ombra ed il meritato riposo.
Ilena rimane silenziosa per un po’; poi il cielo sbianca e lei si aggrappa con forza al sedile. Ormai dovremmo esserci «Papà… il sole…» non le rispondo.
Rimango concentrato sulla guida. Ho caldo, un caldo tremendo e sento il peso della morte che grava sugli occhi.
«Zik!!» ha paura, anche se probabilmente non sente l’avvicinarsi del giorno come lo sentiamo noi, le è stato insegnato che il sole ci brucia fino alla morte ultima.
«Lo so Ilena. Faremo in tempo.»
Le appoggio una mano sulla spalla e me la tira in braccio. lei si lascia cadere con la testa sulla mia coscia, tentando di nascondersi dal chiarore che la terrorizza.
Siamo già sulla strada secondaria che porta al rifugio per il giorno e Hasad accelera di brutto. Lo capisco e faccio lo stesso. Davanti a noi si sta aprendo un cancello automatico e un paio di persone si sbracciano per indicarci la direzione. senza rallentare ci infiliamo nella proprietà seguendo le indicazioni degli umani che indicano la via. Scorgo una villa maestosa ma non la osservo. Non posso. Non ci riesco.
Un portone aperto inghiotte la berlina e io mi ci infilo dietro. Non appena fermo e spengo il motore sento il frastuono della basculante che viene chiusa.
Buio. Silenzio. Ilena alza la testa dalla mia gamba e sorride. Anch’io le sorrido. Credo.
Lascio cadere la mano dal volante sulla sua spalla e mi appoggio allo schienale del sedile con la testa. E’ fatta.
Adesso posso morire.

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Shekinah

Sono la burattinaia, sono il filo che da oggi reggerà il tuo burattino Sono colei che muoverà le dita ad indicare la tua sorte. Obbligherò le tue membra ad alzarsi contro il volere della Natura stessa, senza che tu possa fermarmi. Eseguirai la mia danza. E ti piacerà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *