[Cronaca] Haiti’s Voodoo Nights – 6

La macchina procede lentamente, sobbalza ed avanza lungo la strada disconnessa che ci riporta alle rovine. I fari illuminano una sagoma nera che sbuca all’improvviso dal bosco e si getta a terra per contorcersi come fosse assaltata da chissà che spiriti.
La voce di Braden rompe la notte quieta, con una nota strana, lamentosa, che ha ben poco di umano:
«Toglietemelo! Toglietemelooooo!»
Selene, allarmata da quel grido d’aiuto, non attende nemmeno che Mario si fermi per saltare giù dall’auto con un salto agile. La velocità a cui procedevamo non costituisce certo un gran problema, per lei, ma è sorprendente come voli nell’aria ed atterri, accucciandosi poi sul terreno disconnesso, sfruttando la posizione per scattare di corsa, come fosse un movimento unico e naturale, scambiando quei movimenti con una fluidità innaturale, qualcosa che lascerebbe un umano a bocca aperta.
Raggiunge così Braden con una velocità sorprendente, rapide falcate, le sue, che la portano da Braden quando io e Mario stiamo appena scendendo dall’auto.
Il Gangrel si rotola a terra, agitando le braccia che, nella semi oscurità, somigliano a zampe feline, cercando di togliersi qualcosa dalla schiena ma senza evidente successo. Anche il profilo del muso ha qualcosa di strano, di inumano, ma forse è solo un gioco dispettoso delle ombre a dare quell’impressione.
«Toglilo Selyyyy! Aiutamiii!» la voce lamentosa ora non ha quasi più quella nota inquietante di poco prima.
Selene si accuccia, mentre Mario ed io la raggiungiamo e gli altri sbucano, con più o meno fretta, dal sotterraneo. Braden rantola verso Selene, gli occhi resi acquosi dalle lacrime che vi galleggiano, in bilico sulle sue folte ciglia.
Selene gli solleva la maglietta, senza troppe esitazioni, fissando per qualche momento la schiena ricoperta da un fitto pelo nero del ragazzino: «Dove, Braden? Spiegati!» nel suo tono, solitamente freddo e strafottente si scorge la preoccupazione e una punta di urgenza.
Lui si agita, cercando di indicare un punto sulla schiena, ma senza riuscirci troppo bene, portando una mano in prossimità della base della schiena, dove l’unica cosa anomala potrebbe sembrare l’attaccatura della coda, ma l’esclamazione di Braden lascia tutti per un momento senza parole: «Quiiiii!» il tono tra lo scocciato e il disperato «Ho le nespole attaccate al peloooo!!»
Restiamo tutti a fissarlo attoniti, poi Selene se lo scaccia di dosso con un gesto rude: «Ma vaffanc**lo Braden!»
Tipica reazione di sollievo di una dura come lei. Reazione più o meno simile hanno gli altri, mentre io e Mario ci guardiamo in faccia e poi scoppiamo a ridere, mentre tutti si allontanano per tornare alle proprie occupazioni lasciate a metà.
Intanto Braden mi si avvicina, avvinghiandosi ad una gamba e guardandomi con i suoi occhini ancora sul baratro del pianto, la vocina bassa e supplichevole: «Sam…me le togli per favore?»
Ridendo mi accuccio e comincio a passare le dita nel pelo folto, per togliere rametti e foglie, insomma per pulirgli il pelo, sorrido tra me e me, scuotendo il capo: «Braden, si dice lappole, non nespole…»
Lui si accuccia davanti a me ed annuisce in silenzio e come ringraziamento comincia ad emettere il suono basso e continuo delle fusa.
Ormai la notte è quasi finita, mancherà si è no un’ora all’alba quando ho finito di spazzolare Braden e solo quando sento il rumore dello sportello mi accorgo che Ivan e Ian non erano all’accampamento.
Il Reverendo mi fa un cenno, avviandosi verso il sotterraneo. Così poso una mano sulla spalla del ragazzino: «Andiamo.» è l’unica cosa che gli dico, mentre m’avvio anch’io giù per i ripidi gradini di pietra del rifugio fiocamente illuminato, proseguendo fino alla cella di Ivan dalla quale mi arriva la sua voce sicura: «Signori, abbiamo la prossima meta…»
Ha inizio così una discussione sul da farsi e quando ci corichiamo l’alba è spuntata ma il piano è pronto.

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La notte seguente mi sveglio di nuovo. Apro gli occhi ad osservare l’anonimo e freddo soffitto della cella. Mi sollevo a sedere, un po’ intontita come non mi capitava da tempo. Andare a dormire quando l’alba è già iniziata mette a dura prova i miei sensi di non-morta.
Mi guardo attorno e l’unica cosa insolita che vedo è un borsone, dal quale compaiono stoffe colorate. Probabilmente gli abiti tipici che avevo chiesto.
Rimango qualche secondo di troppo con quei tessuti tra le mani, indecisa se indossarli o meno. Rimango li almeno fino a quando non mi accorgo di essere osservata.
Selene se ne stà, già pronta ed armata di tutto punto, appoggiata con la spalla allo stipite della porticina, i lunghi capelli che le ricadono sulle spalle e le braccia incrociate. Tendo le labbra in un sorriso, quando ne noto lo sguardo torvo.«
E’ dura?»
Il suo tono curioso e preoccupato m’inquieta. So a cosa si riferisce, ma non posso mostrare debolezza alcuna. Mi alzo e comincio a cambiarmi come se niente fosse, non le rispondo, almeno non come vorrebbe lei, ma approfitto di quel momento di calma per lanciarle un’occhiata d’intesa: «Mi raccomando al diversivo…»
Lei sa già a che mi riferisco: ad un’azione che spinga la gente del villaggio ad accorgersi della polvere che questa notte verrà loro gettata addosso, oppure che la spinga ad usare dell’acqua, in modo tale che si lavino via dalla pelle quella polvere mortale.
Lei sorride, l’angolo delle labbra si piega in un ghigno di superiorità, quindi sbuffa, sollevando un sopracciglio come a dire: “E c’è bisogno di dirmelo?”. Lo so che di lei posso fidarmi… beh, insomma, quasi sempre quando le si chiede di combinar qualche casino.
Quando esco c’è caldo. Molto caldo. Per fortuna che per me non è un problema.
Saltiamo sulle jeep e ci avviamo verso il villaggio. Ci fermiamo, come da accordo, a un paio di chilometri di distanza, per percorrere l’ultimo tratto a piedi.
E’ un po’ rischioso, poiché in quella zona ci è stata segnalata la presenza di mannari, ma con le dovute precauzioni raggiungiamo il villaggio.
Acquattati dietro alla bassa vegetazione osserviamo il rito che si stà svolgendo.
Il falò acceso nel bel mezzo delle capanne, attorno al quale gli umani danzano rende l’aria vibrante per il caldo dando l’impressione che lo sciamano fermo al di la dei danzatori sia quasi una figura evanescente. Osservo gli altri con un’occhiata, mi sento a disagio senza i miei occhiali da sole, ma stranamente a mio agio con quegli abiti addosso.
Fandango annuisce, Selene, alle sue spalle, anche.
Attendo il momento propizio, quindi mi alzo e, scalza, avanzo verso i danzatori, nei miei abiti sottili e colorati.
Avanzo a passo lento e tranquillo, in silenzio. Non vengo notata, se non dallo sciamano. Rimango ai margini della luce del falò quando lo sciamano alza il bastone che impugna, sbattendolo a terra. Un lieve tintinnare di conchiglie spezzate proviene dalla cima di quel bastone ed il ritmo del tamburo, come quello dei danzatori, si ferma. Approfitto dell’attimo di sbigottimento e, con uno sforzo di volontà, la mia pelle comincia a mutare, divenendo prima giallastra, poi di un verde malsano, lucente come quella di un serpente. Visi attoniti e sguardi spaventati si fissano su di me.
Attendo con calma che il cerchio si apra ed avanzo. Dritta davanti a me. Mantenendo lo sguardo sullo sciamano, mettendo piede, con un sforzo, sulle braci roventi del fuoco, con le lingue di fiamma che lambiscono le mie gambe. Per fare i passi successivi devo fare ricorso a tutto il mio coraggio, ma prego sommessamente Lilith di non abbandonarmi in questa mia prova di dolore che a lei destino.
Una volta di la raggiungo lo sciamano, fissando le mie pupille serpentine in quelle del povero umano, che mi scruta, notando, forse, che non porto nessun segno di bruciatura.
Gli leggo la reverenza ed il terrore negli occhi, soprattutto quando la lingua biforcuta fa capolino dalle labbra.
Lo vedo sbiancare povera, sciocca, vacca credulona: pensa forse che io sia uno dei suoi Loa. Ma lo capisco, anche io un tempo ero come lui.
Lo guardo con commiserazione. Poi m’incammino attorno al falò, creando un passaggio che possa rendere più agevole il compito di spargere la polvere a Mario. Non so dove sia, so che è capace di passare inosservato anche in piena luce, se solo lo vuole. Sento la paura degli umani e li vedo indietreggiare da me. Spero che Selene stia compiendo il suo dovere. Con la coda dell’occhio vedo un’ombra passare tra due capanne, non so chi sia, ma spero che sia lei… e spero anche che abbia avuto una buona idea…
Torno infine davanti allo sciamano, che, deglutendo, pare aver ripreso un po’ di colore e di coraggio: «Loa?» mi chiede con voce stentorea.
Non faccio in tempo a rispondere che un battere d’ali attira l’attenzione di tutti verso l’alto. Se fossi stata umana si sarebbe di certo vista la sorpresa sul mio viso, invece inarco solo un sopracciglio alla folata di aria bruciante che mi colpisce. D’un tratto la luce del fuoco viene oscurata. Questa entrata in scena non era prevista, ma presumo voglia dire che Mario ha già finito il suo giro.
Già me l’immagino: Ian, nella sua forma di demone, alto più di tre metri, con le sue ali membranose, tese sulle spalle e la pelle di un colore rossastro in piedi nel bel mezzo del falò che osserva torvo gli umani, molti dei quali svengono o cadono in ginocchio mormorando preghiere.
La voce cavernosa della sua parte demoniaca rompe il silenzio vibrante di tensione e paura, confermando la mia idea: «E’ ora.»
Sollevo dunque le mani, i palmi rivolti verso l’alto, la voce che esce limpida nel mio perfetto dialetto haitiano. M’invento le parole lì per lì: «Con il fuoco arriverà la vostra benedizione! Ardendo tra le fiamme e bagnandovi nella vostra paura vedrete l’alba di un nuovo giorno. Poi verrà la pioggia, che smorzerà il vostro fuoco, temprando la vostra anima!»
Non so cosa ho detto, non so nemmeno se ciò che ho detto abbia un senso, in verità, ma indietreggio verso Ian e, lasciandomi prendere in braccio, vedo lo sguardo dello sciamano incupirsi.
Poi le ali battono, sollevando braci e polvere ed infine prendiamo il volo, allontanandoci dal villaggio, verso le Jeep. Ma la notte è ancora tutta davanti a noi… troppo lunga…

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Pubblicato da Shekinah

Sono la burattinaia, sono il filo che da oggi reggerà il tuo burattino Sono colei che muoverà le dita ad indicare la tua sorte. Obbligherò le tue membra ad alzarsi contro il volere della Natura stessa, senza che tu possa fermarmi. Eseguirai la mia danza. E ti piacerà.

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