Aleksey Rostavyly

Vero nome: Aleksey Rostavyly
Alias: Alex

Clan: Tzimisce

Personaggio della Cronaca:
NESSUNA

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«Ho offerto il mio corpo alla conoscenza, lasciando che il mio sire mi usasse per i suoi studi.
La mia testa ora è irta di aculei ossei che spuntano tra i capelli divenuti bianchi dopo l’Abbraccio. Creste ossee si estendono dalla fronte al naso, fin sugli zigomi. I miei denti sono stati appuntiti ed affilati, mi è impossibile ritrarli.
Mi nutro negli ospedali, faccio molta attenzione, quando mi nutro fuori, non mi piace lasciare vuoti dietro di me, piuttosto sfrutto i resti.
Dicono che io non sia nemmeno la metà dell’uomo che ero una volta, che la mia mente sia rimasta distrutta e contorta, ma sinceramente non mi ricordo come fosse la mia esistenza prima di incontrare Oleg.
Cerco una perfezione fisica e mentale, un equilibrio, che nessuno sembra capire…
»

Mia cara Natasha,

non sai quanto il mio cuore soffra nel dover fare tutto questo, lasciare te e i ragazzi, le uniche ancora che mi tengono legato ai mortali, alla mia umanità.
So già che tu non avrai mai questa lettera, forse la terrò con me per tutto il resto della mia dannata immortalità ma non importa, ancora per una volta voglio illudermi di averti qui accanto a me, per raccontarti ogni cosa, come ho sempre fatto in tutti questi anni.
So che hai notato ognuno dei miei “strani” cambiamenti, so che hai creduto che il nostro matrimonio fosse finito per le solite cause umane, ma non potevo certo raccontarti tutto, non questa volta.
Ancora oggi ti sento piangere nella notte, so che pensi che me ne sia andato per causa tua, ma non è così. Tu non sai, non saprai mai quanto ancora ti sono vicino.
Umanità.
Mi guardo le mani e ancora penso di sapere cosa sia. Forse perchè ricordo e sempre ricorderò la tua morbida pelle, bianca come il latte, che splende sotto la luna. Sempre ricorderò ciò che ho provato stringendo a me per la prima volta Igor e Elga, così piccoli e indifesi… e tenendoli tra le tue braccia od appoggiati al mio petto credevo fermamente che nulla avrebbe mai potuto far loro del male. Ci sarei stato io accanto a voi. ma ora… ola le cose sono cambiate e con questo mostruoso aspetto non posso più, non voglio più mostrarmi a voi. Queste mani che per anni hanno impugnato un bisturi per salvare vite, ora sono al servizio del demonio. No, se la mettiamo così non comprenderesti mai ciò che intendo.
E’ iniziato tutto a quella cena di lavoro a cui non hai partecipato. Elga aveva la febbre ricordi?
Roman è passato a prendermi alle sette ed era molto dispiaciuto che tu non ci fossi.
Ma se sempre stata una madre e una moglie impeccabile, a volte mi chiedo ancora cosa sarebbe successo se anche tu avessi conosciuto Oleg quella sera. Elga ti ha salvata, forse…
E forse ha condannato me per sempre.
Sai, eravamo in un locale appena fuori città, Oleg aveva ordinato come tutti noi. Ingoiava forzatamente qualche boccone ma non ha finito nulla di ciò che aveva chiesto, neppure il bicchiere di vino che aveva riempito all’inizio della cena.
Raccontava di nuove tecniche di chirurgia, nuovi metodi per combattere grandi mali che uccidevano le persone più deboli e meno predisposte agli interventi. La sua voce, mentre parlava, diventava magnetica, quasi ipnotica, le sue frasi erano credibili e lui riusciva a sembrare più una sorta di stregone che un rinomato chirurgo. Sento ancora sulla pelle quel freddo pungente, il freddo gelido delle notti d’ottobre… il vento che ti sferza il viso e che ti asciuga la pelle. le sue mani erano altrettanto gelide, giuro, come il freddo della notte e della neve. Lo sento ancora, quel gelo che ti ghiaccia le ossa e scende più giù, fino all’anima. Quello era il freddo della morte e, nonostante l’avessi già percepito a causa del mio lavoro, non lo avevo ancora sentito davvero, come successe quella notte.
Oleg riusciva ad inquietarmi, ad inquietare me, capisci?
Io che dai miei due metri e centoventi chili guardavo la tua esile figura sentendomi come Giove sull’Olimpo, ero intimorito da quella sagoma sottile come l’ombra di un lumicino sul ghiaccio. Ho persino fatto forza sul mio passato da rugbista, ma niente da fare…
Forse era il suo volto, i suoi modi… il gelo. Forse potresti ridere, a questo punto, ma ti ho sempre detto tutto no?
Avevo paura. Non riuscivo a capire, non sapevo…
Alla fine di quella cena, lui aveva già scelto.
Tutto cambiò, lentamente. Ascoltavo, approvavo, finché non mi trovai a mettere a disposizione la sala operatoria che mi era costata studi e anni di esperienza.
Ed alla fine, li dove un tempo salvavo vite, ora creavo mostri.
Purtroppo me ne resi conto quando ormai era troppo tardi, quando capii che ti stavo perdendo, che stavo perdendo te e i nostri figli.
Avevo sviluppato un amore, una bramosia incontrollabile per la ricerca, per questi studi, avevo raggiunto nuovi traguardi. Ero così assorto, coinvolto, che mi dedicai completamente ad Oleg.
E man mano che proseguivo mi convincevo sempre più che tu non avresti mai capito ma…
No, tu avresti capito. Tu capiresti tutt’ora. Forse non approveresti, anzi, quasi sicuramente, ma mi crederesti. Su questo non ho dubbi. Come potrebbe essere diverso se mi presentassi a te così? Con questo volto mostruoso e deforme…
Forse potrei anche evitare di raccontarti com’è stato scavarsi una via di fuga con le mani da quella sepoltura rituale, ma se non lo facessi non capiresti perchè quando sono “rinato”, molte cose sono cambiate.
Non so come, ma ce l’ho fatta. Ho scavato nel terriccio umido di quella tomba, lasciando che mi rosicchiasse prima le unghie, poi la pelle, poi i muscoli, fino alle ossa.
Ma tutti gli Tzimisce lo fanno. E ho imparato che le ferite si rigenerano, per questo ora, le mie mani sono quelle di un tempo, anzi, sono ancora più bianche… e fredde.
Sono cambiate molte cose in tutti questi anni, troppe forse, e sicuramente molto in fretta.
Non sapevo che qui a San Pietroburgo, la città di notte, è ancora più brulicante di quanto lo sia di giorno.
Sono stato presentato da Oleg ad un Arcivescovo, sono stato accettato.
Tutto questo ti sembrerebbe assurdo e delirante, lo so, molte verità di questa mia nuova, immonda, esistenza ti sembrerebbero assurde.
Questa lettera, Natasha cara, non la riceverai mai. L’ho deciso ora, ora che ho riletto ciò che ho scritto. Volevo solo provare a ricordare e non è così semplice, ma il pensiero di te mi aiuta, ma questo non mi da il diritto di recarti altro dolore.
Ora so che questa mia non-vita dà e toglie, so che forse potrei scordare molto della mia vita, ma a quanto pare nulla potrà cancellare il ricordo di te, dei nostri figli. Io avrò ancora questo volto quando tu non ci sarai più, e sarò ancora su questa terra. ma so che quel giorno una parte di me morrà con te e che ti porterò nel cuore per tutti i secoli che mi saranno concessi di esistere. Mi basterà questo piccolo grande ricordo?
Già, solo il tempo potrà svelarmi la verità, non mi resta che proseguire per questo cammino,
Con infinito amore.

Aleksey

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Pubblicato da Shekinah

Sono la burattinaia, sono il filo che da oggi reggerà il tuo burattino Sono colei che muoverà le dita ad indicare la tua sorte. Obbligherò le tue membra ad alzarsi contro il volere della Natura stessa, senza che tu possa fermarmi. Eseguirai la mia danza. E ti piacerà.

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